25 marzo 2015

25 Marzo: Annunciazione

25 Marzo - Buona Festa dell'annunciazione

Dal Santo Vangelo di S. Luca:

l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe.
 La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. 
L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. 


Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».



Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». 
Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. 
Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch'essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l'angelo si allontanò da lei.

16 marzo 2015

Festa dell'Eccomi a Chieti. Araldini 2015

Festa dell'Eccomi 2015. Araldini.

Gli araldini sono i piccoli della famiglia francescana.
Grande gioia nella festa dell'Eccomi a Chieti, ospitato dalla Comunità Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi, che oggi abita l'ex convento delle Orsoline.

I bambini e ragazzi degli araldini provenienti dalle fraternità francescane di tutto Abruzzo si sono incontrati per la festa dell'Eccomi!

Dopo l'accoglienza iniziale, gli araldini hanno cantato e pregato insieme.
Poi hanno riflettuto sulle paure.

Solo l'incontro con Gesù, cancella tutte le paure!

Si sono confrontati quindi con San Francesco di Assisi, con il sogno di Spoleto, episodio importante, all'inizio della sua conversione.
Francesco sognava di essere un cavaliere e un nobile (la sua famiglia non era nobile, anche se ricca). Bramava la gloria personale

Ecco il testo dalle Fonti Francescane:
"Messosi dunque in cammino, giunse fino a Spoleto e qui cominciò a non sentirsi
bene. Tuttavia, preoccupato del suo viaggio, mentre riposava, nel dormiveglia intese una
voce interrogarlo dove fosse diretto Francesco gli espose il suo ambizioso progetto. E
quello: “Chi può esserti più utile: il padrone o il servo?” Rispose: “Il padrone”. Quello
riprese: “Perché dunque abbandoni il padrone per seguire il servo, e il principe per il
suddito?”.
Allora Francesco interrogò: “Signore, che vuoi ch' io faccia?”. 
[...] . E aspettava che Dio, del quale aveva udito la voce, gli rivelasse la sua volontà, mostrandogli
la via della salvezza. Ormai il suo cuore era cambiato. Non gl'importava più della
spedizione in Puglia: solo bramava di conformarsi al volere divino. "


Durante la celebrazione eucaristica, gli araldini delle fraternità abruzzesi hanno compiuto, davanti alla Chiesa, la promessa di vita evangelica.
Dopo aver rinnovato le promesse battesimali (Rinunce e Credo) hanno promesso di seguire una vita evangelica, di seguire Gesù sulle orme di Francesco di Assisi.
Hanno promesso di testimoniare l'Amore di Gesù e per Gesù... senza paura.

Il Signore vi benedica, Araldini!

5 marzo 2015

22 MARZO Incontro OFS Gi.Fra. al santuario di S. Gabriele

In preparazione alla Pasqua 2015 l'OFS e la Gi.Fra. d'Abruzzo si ritrovano presso il Santuario di San Gabriele dell'Addolorata per una giornata di riflessione e preghiera.

Festa dell'Eccomi 2015 Araldini Abruzzo

Festa dell'Eccomi 2015 - Araldini Abruzzo

Domenica 15 marzo a Chieti

4 marzo 2015

Può capitare che venga in mente il compagno Stalin partecipando a una messa?

Può capitare che venga in mente il compagno Stalin partecipando a una messa?

di Vittorio Messori

Titolo originale: Spigolature
Fonte: Il Timone, Dicembre 2014




Può capitare che venga in mente il compagno Stalin partecipando a una messa? A me è capitato: in una chiesa di "architettura" (il nome di quest'arte illustre è qui eccessivo, le virgolette sono di rigore), di "architettura", dunque, contemporanea, in un trionfo di cemento armato a vista, alluminio, vetro, luci al neon, arredi astratti e, sul tetto, una campana sorretta da un traliccio industriale in ferro.

Il tutto all'insegna di un pauperismo demagogico, da "Chiesa dei poveri" di sessantottina memoria. Di questi orrori tutti ne conosciamo non pochi esemplari, quindi si sarà capito di che cosa parlo.
Ebbene, mentre la messa si celebrava, una maliziosa distrazione mi ha portato a pensare alla metropolitana di Mosca. Tra le tante ferrovie sotterranee del mondo, questa è un unicum stupefacente: mentre ovunque si bada alla funzionalità, con fermate di semplice servizio, così non è nella capitale russa.

Qui, ogni stazione - l'una diversa dall'altra - è un trionfo di colonne, capitelli, mosaici, pitture murali, stucchi, statue in marmo e bronzo, enormi lampadari in metalli pregiati, soffitti affrescati, vetrate colorate. Non a caso, questi luoghi sono protetti dalle autorità locali come opere d'arte. La sensazione, entrandovi, è di essere capitati non certo in una semplice stazione di trasporto di massa, bensì in una fastosa cattedrale sotterranea.
In effetti, è proprio questo che voleva ottenere Stalin quando, all'inizio degli anni Trenta del secolo scorso, convocò i migliori architetti del regime ai quali fece un discorsetto di cui conosciamo i contenuti dai documenti dell'epoca, un tempo sepolti in archivi inaccessibili e ora, dopo il crollo inglorioso dell'impero, consultabili dagli studiosi. Disse, in sostanza, il despota a quei professionisti: «Le grandi città del capitalismo hanno tutte una rete metropolitana. È ora che l'abbia anche la capitale dei Soviet. Io, però, ne voglio una del tutto speciale, dove ciascuna stazione sia, senza badare a spese, tale da stupire ed affascinare chi la frequenterà. Voglio che non si tratti solo di un capolavoro di ingegneria ma anche di un capolavoro d'arte, con un fasto da lasciare a bocca aperta». Come è ben noto, dargli ragione senza fiatare e obbedire con zelo servile era il solo modo di salvare la pelle quando si era in balia sua e delle sue feroci polizie segrete. Nessuno degli architetti convocati, dunque, osò fiatare ma il dittatore, nella sua magnanima condiscendenza, volle dare risposta alla domanda che lesse sul volto degli ascoltatori.
Spiegò, dunque: «So che, dentro di voi, vi chiedete per quale ragione vi ordini di moltiplicare i costi dell'opera e non solo per gli arredi e le opere d'arte ma anche perché desidero che lo scavo sia gigantesco, voglio che ogni stazione sia vasta come una cattedrale. È proprio a questo che penso: alle cattedrali. Come sapete, abbiamo strappato i popoli dell'Unione Sovietica alla superstizione religiosa, abbiamo chiuso o distrutto le chiese, abbiamo trasferito nei magazzini dei musei le icone, fuse le campane, trasformate in monete gli ori degli oggetti di culto. Ma so che i lavoratori sentono nostalgia dei tempi in cui, almeno una volta la settimana, potevano lasciare la bruttura delle loro case e, nello splendore delle chiese, in lunghe liturgie, potevano essi pure essere circondati di bellezza, quasi come i re nei loro palazzi. Ecco: voglio venire incontro a questa nostalgia, voglio contrastarla permettendo agli operai di godere, due volte al giorno, di una bellezza che compensi quella perduta. Andando e tornando dal lavoro sembrerà loro di frequentare le cattedrali più belle, quelle che abbiamo chiuso o abbattuto. Anche l'uomo nuovo comunista ha bisogno di bellezza, noi gliela daremo non nelle anacronistiche chiese ma nel sottosuolo di Mosca, nelle stazioni della metropolitana della capitale del comunismo mondiale».

Stalin, come si sa, era stato a lungo seminarista della Chiesa ortodossa della Georgia, dunque se ne intendeva: sapeva che (a differenza di quanto dimenticano da qualche decennio tanti, troppi "cattolici socialmente impegnati") sapeva che i poveri non solo non si sono mai scandalizzati, in nessun tempo e in nessun luogo, della ricchezza, magari del fasto delle chiese, ma l'hanno sempre sentita come un loro diritto. Il diritto di godere essi pure di una bellezza non riservata ai privilegiati bensì aperta a tutti; il diritto, almeno un'ora alla settimana, di sentirsi circondati di opere d'arte e di oggetti di gran pregio.
Oggi, invece, ecco la nostra situazione: lo Stato non demolisce più le chiese ma nelle periferie, vescovi, preti, religiosi ne costruiscono ancora di nuove. Partorendo, nella maggioranza dei casi, quegli orrori repellenti che sappiamo, dove la bellezza è assente non solo per incapacità di architetti e mancanza di artisti veri (c'è anche questo) ma anche, troppo spesso, per partito preso, perché così vuole certa ideologia clericale.

Ai russi, almeno, Stalin dava per consolazione delle stazioni-cattedrale, mentre a noi restano soltanto, più che dei templi, dei "luoghi di dialogo, di confronto, di socializzazione". Funzioni per le quali ciò che ci vuole è un hangar, un capannone, un'aula disadorna.