18 febbraio 2015

dai Fioretti di San Francesco

Dai fioretti di San Francesco 

CAPITOLO XXIX

Come il demonio in forma di Crocifisso apparve più volte a frate Ruffino, dicendogli che perdea il bene che facea, perocchè egli non era delli elettidi vita eterna. Di che san Francesco per rivelazione di Dio il seppe, e fece riconoscere a frate Ruffino il suo errore, ch’egli avea creduto.


Frate Ruffino, uno de' più nobili uomini d'Ascesi, compagno di santo Francesco, uomo di grande santità, fu uno tempo fortissimamente combattuto e tentato nell'anima dallo demonio della predestinazione, di che egli stava tutto malinconioso e tristo; imperò che l'demonio gli metteva pure in cuore ch'egli era dannato, e non era delli predestinati a vita eterna, e che sì perdeva ciò ch'egli faceva nell'Ordine.
E durando questa tentazione più e più dì ed egli per vergogna non rivelandolo a santo Francesco, nientedimeno egli non lasciava l'orazioni e le astinenze usate; di che il nimico gli cominciò aggiugnere tristizia sopra tristizia; oltra alla battaglia dentro, di fuori combattendolo anche con false apparizioni
Onde una volta gli apparve in forma di Crocifisso e dissegli:
"O frate Ruffino, perché t'affliggi in penitenza e in orazione, con ciò sia cosa che tu non sia delli predestinati a vita eterna? E credimi, che io so ciò io ho eletto e predestinato, e non credere al figliuolo di Pietro Bernardoni, s'egli ti dicesse il contrario, e anche non lo domandare di cotesta materia, però che né egli né altri il sa, se non io che sono figliuolo di Dio; e però credimi per certo che tu se' del numero delli dannati; e 'l figliuolo di Pietro Bernardoni, tuo padre, e anche il padre suo sono dannati, e chiunque il seguita è ingannato". E dette queste parole, frate Ruffino comincia a essere sì ottenebrato dal principe delle tenebre, che già perdeva ogni fede e amore ch'egli avea avuto a santo Francesco, e non si curava di dirgliene nulla.

Ma quello ch'al padre santo non disse frate Ruffino, rivelò lo Spirito Santo. 

Onde veggendo in ispirito santo Francesco tanto pericolo del detto frate, mandò frate Masseo per lui, al quale frate Ruffino rispuose rimbrottando: "Che ho io a fare con frate Francesco?". E allora frate Masseo tutto ripieno di sapienza divina, conoscendo la fallanza del dimonio, disse: "O frate Ruffino, non sai tu che frate Francesco è come uno agnolo di Dio, il quale ha illuminate tante anime nel mondo e dal quale noi abbiamo avuto la grazia di Dio? Ond'io voglio ch'a ogni partito tu venga con meco a lui, imperò ch'io ti veggio chiaramente esser ingannato dal dimonio". E detto questo, frate Ruffino si mosse e andò a santo Francesco.
E veggendolo dalla lunga santo Francesco venire, cominciò a gridare: "O frate Ruffino cattivello, a cui hai tu creduto?". E giugnendo a lui frate Ruffino, egli sì gli disse per ordine tutta la tentazione ch'egli avea avuta dal demonio dentro e di fuori, e mostrandogli chiaramente che colui che gli era apparito era il demonio e non Cristo, e che per nessuno modo ei dovea acconsentire alle suggestioni: "ma quando il demonio ti dicesse più: Tu se' dannato, si gli rispondi: Apri la bocca; mo' vi ti caco. E questo ti sia segnale, ch'egli è il demonio e non Cristo, ché dato tu gli arai tale risposta, immantanente fuggirà.

 Anche a questo cotale dovevi tu ancora conoscere ch'egli era il demonio, imperò che t'indurò il cuore a ogni bene; la qual cosa è proprio suo ufficio: ma Cristo benedetto non indura mai il cuore dell'uomo fedele, anzi l'ammorbida secondo che dice per la bocca del profeta: lo vi torrò il cuore di pietra e darovvi il cuore di carne".
Allora frate Ruffino, veggendo che frate Francesco gli diceva per ordine tutt'l modo della sua tentazione, compunto per le sue parole, cominciò a lagrimare fortissimamente e adorare santo Francesco e umilemente riconoscere la colpa sua in avergli celato la sua tentazione. E così rimase tutto consolato e confortato per gli ammonimenti del padre santo e tutto mutato in meglio.

Poi finalmente gli disse santo Francesco: "Va' figliuolo, e confessati e non lasciare lo studio della orazione usata, e sappi per certo che questa tentazione ti sarà grande utilità e consolazione, e in breve il proverai".
Tornasi frate Ruffino alla cella sua nella selva, e standosi con molte lagrime in orazione, eccoti venire il nemico in persona di Cristo, secondo l'apparenza di fuori, e dicegli: "O frate Ruffino, non t'ho io detto che tu non gli creda al figliuolo di Pietro Bernardoni, e che tu non ti affatichi in lagrime e in orazioni, però che tu se' dannato? Che ti giova affligerti mentre tu se' vivo, e poi quando tu morrai sarai dannato?".
E subitamente frate Ruffino risponde: "Apri la bocca; mo' vi ti caco".  Di che il demonio isdegnato, immantanente si partì con tanta tempesta e commozione di pietre di monte Subasio ch'era in alto, che per grande spazio bastò il rovinio delle pietre che caddono giuso; ed era sì grande il percuotere che faceano insieme nel rotolare, che sfavillavano fuoco orribile per la valle; e al romore terribile ch'elle faceano, santo Francesco con li compagni con grande ammirazione uscirono fuori del luogo a vedere che novità fosse quella; e ancora vi si vede quella ruina grandissima di pietre. Allora frate Ruffino manifestamente s'avvide che colui era stato il demonio, il quale l'avea ingannato. E tornato a santo Francesco anche da capo, si gitta in terra e riconosce la colpa sua. Santo Francesco il riconforta con dolci parole e mandanelo tutto consolato alla cella
Nella quale standos'egli in orazione divotissimamente, Cristo benedetto gli apparve, e tutta l'anima sua gli riscaldò del divino amore, e disse: "Bene facesti, figliuolo che credesti a frate Francesco, però che colui che ti aveva contristato era il demonio.
 ma io sono Cristo tuo maestro, e per rendertene ben certo io ti do questo segnale, che mentre che tu viverai, non sentirai mai tristizia veruna né malinconia".


 E detto questo, si partì Cristo, lasciandolo con tanta allegrezza e dolcezza di spirito ed allevazione di mente, che 'l di e la notte era assorto e ratto in Dio
E d'allora innanzi fu sì confermato in grazia e in sicurtà della sua salute, che tutto diventò mutato in altro uomo, e sarebbesi stato il dì e la notte in orazione a contemplare le cose divine s'altri l'avesse lasciato stare. Onde dicea santo Francesco di lui, che frate Ruffino era in questa vita canonizzato da Cristo, e che, fuori che dinanzi da lui, egli non dubiterebbe di dire santo Ruffino, benché fusse ancora vivo in terra.
A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen.

11 febbraio 2015

Chi ardirebbe supporre (San Massimiliano Kolbe)

Chi ardirebbe supporre

(San Massimiliano Kolbe – Scritti K. 1145)





Chi ardirebbe supporre che Tu, o Dio infinito, eterno, mi hai amato da secoli, anzi da prima dei secoli. Tu, infatti, mi ami dal momento in cui esisti come Dio, di conseguenza mi hai amato e mi amerai sempre!
…Benché io non esistessi ancora, Tu mi amavi già, e appunto per il fatto che mi amavi, o buon Dio, mi hai chiamato dal nulla all'esistenza!

Per me hai creato i cieli costellati di stelle, per me la terra, i mari, i monti, i fiumi e tante, tante cose belle che vi sono sulla terra
…Ma questo non bastava: per mostrarmi da vicino che mi amavi con tanta tenerezza, sei sceso dalle più pure delizie del paradiso su questa terra infangata e piena di lacrime, hai condotto una vita in mezzo alla povertà, alle fatiche e alle sofferenze; e infine, disprezzato e deriso, hai voluto essere sospeso tra i tormenti su un turpe patibolo in mezzo a due canaglie
…O Dio d’amore, mi hai redento in questo modo terribile, ma generoso!…

Chi ardirebbe supporre?…
Tu, però, non ti sei accontentato di questo, ma vedendo che sarebbero trascorsi ben 19 secoli dal momento in cui sono state effuse queste dimostrazioni del Tuo amore e io sarei apparso soltanto ora su questa terra, hai voluto provvedere anche a questo!
Il tuo Cuore non ha acconsentito a far sì che io mi dovessi nutrire unicamente dei ricordi del tuo smisurato amore.
Sei rimasto su questa misera terra nel Santissimo e oltremodo mirabile sacramento dell’altare e ora vieni a me e ti unisci strettamente a me sotto forma di nutrimento…Il tuo sangue ora scorre già nel sangue mio, la tua anima, o Dio incarnato, compenetra la mia anima, le dà forza e la nutre…

Quali miracoli! Chi ardirebbe supporre?.. Che cosa avresti potuto darmi ancora, o Dio, dopo esserti già offerto a me in proprietà?

… Il Tuo Cuore, ardente di amore verso di me, Ti ha suggerito ancora un altro dono; sì, un altro dono ancora!…

Tu ci hai comandato di diventare bambini, se vogliamo entrare nel regno dei cieli (Mt. 18,3).
Tu sai bene che un bambino ha bisogno di una madre: Tu stesso hai stabilito questa legge d’amore. 
La tua bontà e la tua misericordia, perciò, ha creato per noi una Madre, la personificazione della tua bontà e del tuo amore infinito, e dalla croce sul Golgota, hai offerto Lei a noi e noi a lei…
Inoltre hai stabilito, o Dio che ci ami, di costituirla onnipotente Dispensatrice e Mediatrice di tutte le grazie: Tu non rifiuti nulla a Lei, ma neppure Lei è capace di rifiutare alcunché a nessuno…

Diamo uno sguardo dentro noi stessi: non è forse vero che ogni volta che ci siamo offerti con tutta l’anima all'Immacolata, madre di Dio e nostra, è sempre entrata la pace nel nostro cuore?…Non è forse vero che quando siamo stati assaliti da una tentazione e non abbiamo mancato di ricorrere fiduciosamente a Maria come figli alla mamma e di aggrapparci fortemente a lei, la nostra volontà ha avuto veramente un sostegno, non si è piegata?…
Non è stato proprio così? Chi non lo ha ancora sperimentato, ci provi!
Veda, si renda conto personalmente: si accorgerà quanto è potente, quanto è buona la Madre di Dio e Madre nostra. Anche nostra, la nostra Mammina….

Davvero, chi ardirebbe supporre tutto questo,
 se non ci fosse la voce della fede e la chiara esperienza quotidiana?…


RICORDIAMO LA MADONNA DI LOURDES. Con l'occasione il racconto della clamorosa conversione di Alexis Carrel, medico agnostico e positivista.

11 Febbraio. RICORDIAMO LA MADONNA DI LOURDES.
Con l'occasione il racconto della clamorosa conversione di Alexis Carrel, medico agnostico e positivista.




QUANDO LA SCIENZA RICONOSCE LA FEDE

La clamorosa conversione a Lourdes di Alexis Carrel (premio Nobel nel 1912 grazie alla scoperta di un particolare punto di sutura che poi ha permesso la pratica della trasfusione di sangue)
«Vergine dolce che soccorri gli infelici, proteggimi. Io credo in Te. (…) Il Tuo nome è più dolce del sole del mattino. Prendi Tu il peccatore inquieto dal cuore in tempesta che si consuma nella ricerca delle chimere. Sotto i consigli profondi e duri del mio orgoglio intellettuale giace, ancora soffocato, il più affascinante di tutti i sogni, quello di credere in Te, di amarti come i frati dall’anima candida». 
Questa bella preghiera è stata composta da un grande scienziato, il medico francese Alexis Carrel, premio Nobel nel 1912 grazie alla scoperta di un particolare punto di sutura che poi ha permesso la pratica della trasfusione di sangue, pratica che ha salvato e che salva tante vite umane. Il dottor Carrell era agnostico, ma fu convertito grazie a un viaggio a Lourdes dove poté constatare ciò che egli riteneva inconstatabile.

Alexis Carrel nacque a Lione nel 1873. La sua famiglia era di commercianti benestanti. Rimasto orfano di padre, a cinque anni lasciò Lione per andare a vivere in campagna con la mamma. Tornò poi a Lione per gli studi liceali e per frequentare la Facoltà di Medicina. 
Furono propri gli studi universitari a spingerlo ad abbandonare le convinzioni religiose ricevute dall'educazione familiare per abbracciare la filosofia positivista e materialista. Conservò però sempre una forte nostalgia verso le certezze della sua fanciullezza, soprattutto avvertiva l’inquietudine che gli procuravano quelle nuove convinzioni positiviste, incapaci di dare una persuasiva risposta al senso della vita e della morte. 
Lui stesso, dopo la conversione, scrisse di quel periodo parlando di sé in terza persona: «Assorbito dagli studi scientifici, affascinato dallo spirito della critica tedesca, [Carrel] s’era convinto a poco a poco che al di fuori del metodo positivo, non esisteva certezza alcuna. E le sue idee religiose, distrutte dall'analisi sistematica, l’avevano abbandonato, lasciandogli il ricordo dolcissimo di un sogno delicato e bello. S’era allora rifugiato in un indulgente scetticismo (…) La ricerca delle essenze e delle cause gli sembrava vana, solo lo studio dei fenomeni, interessante. Il razionalismo soddisfaceva interamente il suo spirito; ma nel fondo del suo cuore si celava una segreta sofferenza, la sensazione di soffocare in un cerchio troppo ristretto, il bisogno insaziabile di una certezza».

LA DECISIONE DI ANDARE A LOURDES  

In quegli anni, negli ambienti medici, si discuteva molto di Lourdes e dei miracoli che vi avvenivano. C’era chi ci credeva e c’era chi era profondamente scettico. Nel 1894, il famoso scrittore Emile Zola, dopo esser stato a Lourdes e pur essendo stato testimone di fatti inspiegabili, aveva scritto un libro in cui negava decisamente la veridicità delle apparizioni. 
Anche Carrel, nel suo positivismo, era convinto che quelli di Lourdes fossero solo sedicenti “miracoli”, in realtà guarigioni frutto di autosuggestione. Volle però andare a constatare di persona e, nel 1902, partecipò come medico a un pellegrinaggio, occasione che gli fu offerta da un collega che aveva dovuto rinunciare all’ultimo momento. Da questo viaggio venne fuori un libro che ebbe il titolo di Viaggio a Lourdes.  

L’INCONTRO CON MARIE FERRAND

Alexis Carrel era in incognito. Solo pochi conoscevano la sua identità. Voleva solo constatare e aiutare qualche malato. Nel suo scompartimento giaceva una giovane donna, Marie Ferrand (chiamata così nel libro, ma in realtà si chiamava Marie Bailly). Era gravissima: ventre gonfio, pelle lucida, costole sporgenti, addome teso da materia solide, sacca di liquido che occupava la regione ombelicale, febbre alta, gambe gonfie, cuore veloce. Si trattava di peritonite tubercolare. 
Dolori tremendi! Il dottor Carrel le praticò un’iniezione di morfina. «Avete ancora i genitori?», le domandò gentile il medico. «No, sono morti di tubercolosi da alcuni anni», rispose la donna. 
Dall’età di quindici anni, ella era tubercolotica. I medici che la tenevano in cura dicevano che ormai era all’ultimo stadio. Ella però, pur sentendosi alla fine, era convinta che la Vergine, a Lourdes, le avrebbe concesso qualcosa d’importante: se non la guarigione, almeno la forza per morire in pace.

IL DIALOGO CON UN AMICO CREDENTE

Arrivato a Lourdes, incontrò un suo vecchio compagno di collegio, nel suo libro-diario ne riporta solo le iniziali: A.B. Gli chiese: «“Sai se qualche malato è guarito, stamane, nelle piscine?” “No, nessuno. Però vidi un miracolo davanti alla grotta. Una suora che camminava con le stampelle arrivò, si fece una gran segno di croce, bevve l’acqua della fonte miracolosa... Subito il suo viso s’illuminò, buttò via le stampelle, corse agile alla Grotta, gettandosi in ginocchio davanti alla Vergine... Era guarita”. “La sua guarigione – fece Carrel – è un caso interessante di autosuggestione!”. “Quali sono – ribatté l’amico – le guarigioni che, se le constatassi, ti farebbero riconoscere l’esistenza del miracolo?”. “La guarigione improvvisa di una malattia organica – rispose Carrel – Una gamba tagliata che rinasce. Un cancro scomparso, una lussazione congenita che improvvisamente guarisce. Allora sì che crederei! Se mi fosse concesso di vedere un fenomeno tanto interessante, tanto nuovo, sacrificherei tutte le teorie e le ipotesi del mondo. Ma non il minimo timore di arrivare a questo...
C’è una ragazza, Marie Ferrand, presso la quale mi hanno chiamato dieci volte ed è in pericolo di vita. È tisica, ha una peritonite tubercolare all’ultimo stadio. È in uno stato pietoso. Temo che mi muoia tra le mani. Se questa ammalata guarisce, sarebbe veramente un miracolo. Io crederei a tutto e mi farei frate”».

AVVIENE L’INSPIEGABILE

Nella Sala dell’Immacolata (riservata ai malati più gravi) tutto era pronto per la funzione presso le piscine. Il dottor Carrel si avvicinò al lettino della “sua” ammalata, Marie Ferrand. La visitò rapidamente: il cuore stava per cedere, era alla fine. Il medico le praticò un’iniezione di caffeina, poi disse ai presenti senza farsi sentire dall’ammalata: «È una peritonite polmonare all’ultimo stadio. Figlia di genitori morti di tubercolosi in giovane età, è tisica dall’età di 15 anni. Può darsi che viva ancora per qualche giorno, ma è finita». Anche un altro medico confermò la diagnosi nefasta di Carrel. 
Alla piscina non fu possibile immergere Marie Ferrand. Le fecero alcuni lavaggi al ventre. La portarono davanti alla Grotta. L’aspetto della donna era sempre cadaverico. Erano circa le 14.30. 
Carrel osservava il volto dell’ammalata: gli parve più normale, meno livido. Gli sembrava avere un’allucinazione, continuò ad osservarla. Le contò le pulsazioni e i respiri al polso. La respirazione sembrava rallentata. Il volto di Marie Ferrand continuava a cambiare. I suoi occhi sembravano catalizzati verso la Grotta. 
C’era in lei un sensibile miglioramento, non lo si poteva negare. Lo stupefacente, però, avveniva adesso: Carrel vide a poco a poco la coperta abbassarsi al livello del ventre. Il gonfiore spariva. Si sentì impallidire. Alle 15 la tumefazione era ormai scomparsa. Carrel credeva d’impazzire. 
Si avvicinò alla donna, ne osservò la respirazione, guardò il collo. Il cuore batteva regolarmente. Le domandò: «Come vi sentite?». Marie rispose sottovoce: «Benissimo. Non sono molto in forze, ma sento che sono guarita». 
Carrel così ha scritto, sempre parlando di se stesso in terza persona: «Il medico non parlava più; non pensava più. Il fatto inatteso era totalmente contrario a tutte le previsioni, che egli credeva di sognare… Si alzò, traversò le file serrate dei pellegrini, i quali gridavano invocazioni che egli a stento sentiva, e se ne andò. Erano circa le 16. Quel ch'era accaduto era la cosa impossibile, la cosa inattesa, il miracolo».

L’INIZIO DI UNA NUOVA VITA

Marie Ferrand, guarita, fu portata all’ospedale diretto dal dottor Boissaire, lo scienziato che difendeva la veridicità di Lourdes. Carrel tornò a visitarla e dovette constatarne la inspiegabile guarigione. Lo stesso fecero altri medici. 
Marie era felice e diceva: «Andrò dalle suore di San Vincenzo, loro mi accoglieranno e io assisterò i malati». Carrel era commosso. Uscì dall'ospedale. Era ormai notte. Si recò alla Basilica e vi entrò. Scorse il suo amico A.B. e cominciarono a parlare. Mentre il medico fissava la statua dell’Immacolata, l’amico gli chiese: «Sei convinto, ora, filosofo incredulo?». Carrel si limitò a rispondere: «Una giovane moribonda è stata guarita sotto i miei occhi in pochi istanti. È una cosa meravigliosa, è un miracolo». A.B. concluse a mo’ di battuta: «Ma non è meno vero che ora sei obbligato a vestire il saio! Addio». 
Carrel rimase solo e fu allora che pronunziò quelle parole che abbiamo posto all'inizio: «Vergine dolce che soccorri gli infelici, proteggimi. Io credo in Te...».
Il medico positivista, diventato credente, dedicò poi l’intera sua vita alla scienza (come abbiamo già detto, fu insignito del Nobel nel 1912) e a propagare la devozione alla Vergine di Lourdes. In tarda età fu ingiustamente accusato di collaborazionismo con il governo filonazista di Vichy. Fu un’accusa che lo prostrò molto e lo condusse, il 5 novembre 1944, ad un infarto che gli fu fatale. 

A lui si deve una famosa frase che esprime bene il realismo cristiano e l’umiltà che dovrebbe contrassegnare ogni ricerca scientifica: «Poca osservazione e molto ragionamento conducono all’errore; molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità».

9 febbraio 2015

L'Amore non è amato! L'Amore non è amato

“L’AMORE NON È AMATO” 




“Una volta andava solingo nei pressi della chiesa di Santa Maria della Porziuncola, piangendo e lamentandosi a voce alta. 

Un uomo pio, udendolo, suppose ch’egli soffrisse di qualche malattia o dispiacere e, mosso da compassione, gli chiese perché piangeva così. 
Disse Francesco: «Piango la passione del mio Signore. Per amore di lui non dovrei vergognarmi di andare gemendo ad alta voce per tutto il mondo».
 Allora anche l’uomo devoto si unì al lamento di Francesco”. 

(FF. n. 1413)